Clara Wieck sacrificò la carriera per favorire il marito. Elizabeth Maconchy scriveva i suoi quartetti di notte. "Le note del silenzio", il libro che racconta storie di compositrici trascurate dalla storia.
Alcune delle più belle liriche del Divano di Goethe furono scritte da Marianne Jung, con cui ebbe una breve relazione. Lo si scoprì solo molti anni dopo la morte dello scrittore, quando Marianne – la Suleika del Divano – rivelò un segreto a lungo gelosamente custodito al filologo Hermann Grimm, scoprendogli il loro scambio epistolare. Questa breve premessa serve ad introdurre Note dal silenzio, il libro che Anna Beer, visiting fellow alla University of Oxford, dedica ad otto emblematici profili di compositrici.
Donne il cui ruolo artistico, a causa d'una visione sciovinista e maschilista che ancor oggi sopravvive, non hanno mai trovato la meritata collocazione nella storia della musica classica. «Donne che» come premette in apertura «crearono la propria musica in società in cui certi ambiti – il teatro d'opera, l'università, la direzione d'orchestra, l'editoria musicale – erano interdetti alle donne, e in cui per certi lavori – in cattedrali, corti o conservatori – non potevano nemmeno candidarsi».
Misoginia e ancora misogina
Non è che oggi in generale le cose vadano meglio, guai ad invadere territori altrui. Pensiamo al recentissimo film macedone Dio è donna e si chiama Petrunya, tratto da un fatto vero, in cui la protagonista viene tartassata per aver ripescato dal fiume una Croce portafortuna, “violando” un antico rituale riservato agli uomini. Da secoli alle interpreti in genere – cantanti, pianiste, od altro – come alle insegnanti di musica, porte sempre aperte. Verso le direttrici d'orchestra – esercizio squisitamente virile, per taluni – e peggio ancora verso le compositrici, invece, diffidenza e malcelato ostracismo.
Con qualche progresso, per fortuna: oggi nessuno dubita della professionalità di Speranza Cappucci o Beatrice Venezi, o del talento musicale di una Silvia Colasanti.
Otto compositrici con cui fare i conti
Note dal silenzio, edito nel 2016 ed ora presentato in Italia da EDT nella traduzione di L.M. Pignataro (294 pagine, € 26), prende in esame le figure emblematiche di Francesca Caccini, Barbara Strozzi, Élisabeth Jacquet de La Guerre, Marianna Martines, Fanny Hensel, Clara Schumann, Lily Boulanger, Elizabeth Maconchy, in un percorso ideale che va dall'Italia del '600 all'Inghilterra del '900. Dove quest'ultima, rara avis, poté ricevere- ma solo in età avanzata - i giusti riconoscimenti ufficiali del suo lavoro.
Sia come sia, non si può scansare il pensiero che la storia della musica sarebbe stata un po' diversa, se ognuna di costoro avesse goduto del pieno apprezzamento della società e delle enclaves culturali dei loro tempi. Queste ultime, in particolare, perfidamente (e stupidamente) sessiste.
Non un vero saggio, ma brevi biografie
Il libro della Beer – autrice di vari profili di personaggi storici - non intende essere un saggio musicologico: è una raccolta di otto brevi biografie scritte con stile scorrevole, e con una ben dosata quantità di informazioni. Rendendo dovuta giustizia, nell'ambito di un chiaro intento divulgativo, a queste importanti (ma ahimè neglette) figure di compositrici, ben inquadrate nel loro tempo.
Nessuna pretesa ulteriore: anzi, con onestà intellettuale, a proposito della figlia di Giulio Caccini avverte che «tutto il presente capitolo attinge a piene mani da Francesca Caccini at the Medici Court...rivoluzionario saggio di Suzanne Cusik». Di contro, però, spiace osservare come vengano lasciate nel vago le fonti di non poche citazioni, lasciando il lettore un po' interdetto.